
Quella di Napoleone “fu vera gloria”?
La notte del 4 maggio 1821 era stata tranquilla, secondo il racconto di Carlo Tristano di Montholon, compagno di esilio di Napoleone nella remota isola di Sant’Elena. Non c’erano state crisi, anche se «la debolezza dell’Imperatore» durante il giorno e soprattutto la sera fu «estrema». Poi, la notte del 5 maggio, verso le due, cominciarono il delirio e le convulsioni. Montholon sentì Napoleone, mentre si gettava fuori dal letto, ripetere alcune parole sconnesse – “Francia”, “esercito”, “capo dell’esercito”, “Josephine” – in preda alle contrazioni e ai dolori. Montholon cercò di calmarlo e alle sei di mattina, con l’aiuto del dottor Antonmarchi, lo rimise a letto. Circa dieci ore dopo, al tramonto, Napoleone Bonaparte morì.
A duecento anni di distanza da quel 5 maggio, i giudizi sull’esperienza storica, politica e militare di Napoleone somigliano per certi versi a quelli espressi quando era in vita. Già dai primi anni, quando salì al potere in Francia e si conquistò la fama di genio militare, Napoleone era una figura straordinariamente divisiva: nei popoli europei suscitò ammirazione, devozione e speranza, ma anche disillusione, odio e indignazione. Da un lato c’era chi lo idolatrava per essere il campione della Rivoluzione francese e chi per lo stesso motivo lo biasimava; dall’altro, specularmente, c’era chi lo sosteneva per aver dato un taglio agli eccessi giacobini e chi per lo stesso motivo lo detestava in quanto traditore della Rivoluzione.
Ovviamente il paese dove il dibattito sulla figura di Napoleone è più sentito e articolato è la Francia, ma in vista del duecentesimo anniversario della morte anche all’estero si è discusso sull’opportunità di celebrare Napoleone come un eroe della storia europea. È un tema che si inserisce in quello più ampio che riguarda l’eredità di certi aspetti della storia occidentale considerati sempre più diffusamente vergognosi e disdicevoli, in particolare il colonialismo e il razzismo.
È un dibattito complesso, che si è intensificato in tempi recenti a seguito delle proteste per la morte di George Floyd accompagnate dalla rimozione delle statue di personaggi che, con gli occhi di oggi, sono ritenuti indegni di un monumento. Molti storici hanno cercato di intervenire e arricchire la discussione con argomenti che invitano generalmente a una maggiore lucidità nei giudizi, e a riflessioni più articolate e meno dogmatiche. «Non c’è un solo essere umano vissuto al mondo di cui non si possa andare a trovare qualche aspetto per noi sgradevole» spiega Alessandro Barbero, storico e divulgatore.
Articolo completo di Mario Macchioni pubblicato su Il Post, mercoledì 5 maggio 2021
Quella di Napoleone “fu vera gloria”?